“Immerse nell’incantevole mare di Sicilia, queste piccole Isole in modo singolare cattivarono l’animo mio (…)
A raccontare le Eolie attraverso una visione balenatagli mentre arriva a bordo del suo yacht per la prima volta a Lipari nel 1868 è l’Arciduca Luigi Salvatore d’Austria (1737-1859) che ancora scrive: “…ovvero ancora la contemplassi coronata di pampini nella calda estate, somiglianti a smeraldi nel zaffiro ceruleo del mare circostante”.
Innamorato dell’arcipelago e della “gente gentile che lo popola”, lo visiterà più volte mentre lavora a “Die Liparischen”, l’opera più completa scritta sulle isole, corredata da più di 200 disegni realizzati personalmente dall’Arciduca che non fu il solo viaggiatore illustre a restare ammaliato dalla bellezza dei luoghi.
Nel 1776 vi era già sbarcato Jean-Pierre Houël (1735-1813), pittore e architetto francese che durante il suo soggiorno a Lipari realizzò più di un centinaio di disegni immortalando la natura ancora selvaggia dell’isola. Conservati all’Hermitage di San Pietroburgo, sono stati recuperati ed esposti in una mostra a Palermo grazie a Leonardo Sciascia.
Cinque anni dopo Houel, fu la volta di un famoso geologo francese, Déodat De Dolomieu (1750-1801), pioniere della moderna vulcanologia, da cui hanno preso nome le Dolomiti. Il risultato dei suoi studi sulla natura vulcanica delle Eolie furono pubblicati nel 1783 oltre che in francese, anche in inglese e tedesco.
Nel 1788 il primo naturalista a sbarcare ad Alicudi fu il padre della biologia sperimentale Lazzaro Spallanzani (1729-1799). L’isola fu una delle mete di un importante viaggio in Italia meridionale (1788) di cui rimane una straordinaria opera naturalistica: “Viaggio alle due Sicilie e in alcune parti dell’Appennino”. Del gesuita, Voltaire disse: “le meilleur observateur de l’Europe (il più grande osservatore scientifico d’Europa)”.
Alexandre Dumas padre approdò nel 1835 alle Eolie dove scrisse il diario di viaggio, “Dove il vento suona”. Sembra che il titolo sia stato ispirato dall’Organo di Eolo o Arpa eoliana, un antico strumento i cui resti sono stati ritrovati nell’isola di Lipari. Si narra venisse suonato dal vento: dal tipo di suono emesso si capiva quale degli otto venti stesse soffiando e da che direzione provenisse. In realtà l’ Arpa eoliana, trovata per caso negli anni ’80, non è altro che un calidarium di età romana, una piccola sala termale nella quale il vento, penetrando nell’intercapedine sotto il pavimento e nei tubi della stufa, emetteva un effetto musicale.
Anche Guy de Maupassant (1850-1893), viaggiando verso l’Africa a bordo del “Bel Ami” approda alle Eolie e ne resta folgorato.
Cosi descrive, dopo averlo scalato, il cratere dell’isola di Vulcano:
“In fondo all’immensa cavità, chiamata «la Fossa», larga cinquecento metri e profonda duecento circa, una decina di fessure giganti e di enormi buche arrotondate vomitano fuoco, fumo e zolfo, con indicibile fragore. Si scende lungo le pareti dell’abisso, giungendo ai bordi delle furiose bocche. Tutto è giallo intorno a me, sotto i miei piedi e sopra di me, d’un giallo che confonde e acceca. Lo sono il suolo, le alte pareti e perfino il cielo. Il sole spande nell’abisso muggente la sua luce infocata che il calore della conca di zolfo rende dolorosa come un’ustione. Si vede ribollire il liquido giallo che scorre, si vedono sbocciare curiosi cristalli, schiumare acidi rilucenti e strani sull’orlo delle labbra rosse dei focolai”.